Vini a fermentazione spontanea: quali sono i vantaggi

Vini a fermentazione spontanea: quali sono i vantaggi

Oggi giorno, sempre più persone amanti di vini, vanno alla ricerca di prodotti naturali che siano realizzati nel pieno rispetto della natura seguendo anche processi che aiutino questa gustosa bevanda a maturare in maniera naturale.

Quelli che vengono maggiormente ricercati sono i vini a fermentazione spontanea ovvero ottenuti mediante fermentazione alcolica spontanea del vino.

Questa pratica consiste nel lasciare che il mosto, ovvero il liquido ottenuto dalla pigiatura degli acini d’uva, si trasformi in vino spontaneamente grazie alla fermentazione degli zuccheri presenti, ai lieviti naturali e a quelli che contaminano le attrezzature delle cantine.

Come avviene la fermentazione alcolica spontanea

La vinificazione spontanea (o naturale) avviene grazie ai lieviti che sono naturalmente presenti nell’uva e a quelli presenti nei macchinari delle cantine.

La caratteristica principale, quindi, è quella di non utilizzare dei lieviti selezionati.

Il vantaggio di questa pratica è quello di aver la possibilità di valorizzare le caratteristiche metaboliche delle classi di microorganismi sensibili all’etanolo e dei ceppi di S. Cerevisiae.

Questi in realtà sono presenti anche in vinificazioni con lieviti selezionati, ma i lieviti secchi e la loro attività fermentativa elevata fanno in modo che l’alta concentrazione di etanolo elimini molte specie microbiche.

Utilizzare solo lieviti naturali, secondo numerosi enologi e viticoltori, si conferisce maggiore qualità e complessità al vino.

I lieviti selezionati (starter commerciali) sono molto utilizzati dalle cantine per permette la produzione su scala industriale di vino, ma la preoccupazione è che questi lieviti selezionati possano omologare le diverse tipologie di vino.

É proprio da questo timore che nasce l’interesse da parte di produttori e consumatori nei confronti della fermentazione alcolica spontanea.

Da parte della letteratura scientifica non è mai arrivata né una conferma né una smentita verso questa paura; bisogna però considerare che, in aggiunta a tutti i lati positivi della vinificazione naturale, ce n’è anche uno negativo: la sua imprevedibilità.

Non sempre i microrganismi presenti nel mosto riescono a soddisfare le aspettative dell’enologo.

Al momento convivono più correnti di pensiero: chi ritiene che sia necessario utilizzare solo lieviti indigeni (naturali) e la fermentazione spontanea, chi opta per entrambe le vie utilizzando lieviti naturali con l’aggiunta di quelli commerciali e chi inizia la fermentazione del vino con gli starter in dosi tali da non intaccare quelli naturali.

Saccharomyces cerevisiae: il principale agente della fermentazione alcolica dei vini

La persistenza delle diverse specie di lieviti naturali nel mosto dipende dalla loro resistenza all’etanolo, che si “accumula” durante la fermentazione alcolica.

La specie più resistente è Saccharomyces cerevisiae, infatti questo tipo di lievito è l’agente principale della fermentazione alcolica dei vini, ma non è l’unico ovviamente.

Nelle fasi iniziali, sono presenti anche specie non appartenenti a Saccharomyces cerevisiae, ma se presenti in grandi quantità possono provocare degli arresti fermentativi, motivo per cui il processo deve essere gestito in maniera adeguata.

La graduale produzione di etanolo deve rendere il vino un ambiente ostile per i “non-Saccharomyces” (chiamati anche lieviti apiculati) in modo che S. Cerevisiae prenda il sopravvento e porti a termine la fermentazione alcolica con successo.

I lieviti apiculati sono microrganismi con caratteristiche metaboliche che sono alternative a quelle di S. Cerevisiae, questa diversità fa in modo che alcune specie di lieviti siano in grado di produrre delle sostanze aromatiche che liberano aromi primari.

Le diverse specie hanno una resistenza all’ambiente enologico diversa l’una dalle altre.

Infatti, la popolazione della specie Saccharomyces cerevisiae, durante le prime fasi della fermentazione è caratterizzata da un grande polimorfismo genetico.

Tra tutti i ceppi presenti, però, solo 3 arrivano fino alla fine del processo e prendono il nome di dominanti.

Se diventano ricorrenti, quindi si ripresentano anno dopo anno, possono essere considerati tipici di quella determinata cantina.

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